Germaine Sijstermans / Koen Nutters / Reinier van Houdt – Circles, Reeds, and Memories

Elsewhere, 2023
experimental, contemporary classical


(ENGLISH TEXT BELOW)

‘Coltivare insieme la solitudine’: un po’ troppo melenso, come titolo per una pubblicazione di questo profilo, ma se fossi costretto alla più estrema sintesi verbale lo sceglierei senz’altro, nel vano tentativo di racchiudervi le sfuggenti, inesprimibili malinconie suscitate da questo trio/trittico. Un raro incontro dal vivo, e tutto olandese, tra figure di rilievo della sperimentazione musicale ad ampio raggio: Germaine Sijstermans, Koen Nutters e Reinier van Houdt sono tutti già apparsi a vario titolo nel ricco catalogo Elsewhere, ma più di altre questa registrazione pare risplendere dell’aura tipica di un evento senza possibilità di replica, quello stato di grazia che non nasce premeditato bensì sorge poco a poco, inintenzionalmente, dall’esercizio della massima dedizione performativa.

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Jürg Frey – Continuité, fragilité, résonance

Quatuor Bozzini / Konus Quartett

Elsewhere, 2023
contemporary classical, reductionism


(ENGLISH TEXT BELOW)

Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad facies

1 Corinzi 13,12

È risaputo che la statura di ‘classico’ non venga decretata mai in tempo reale ma soltanto a posteriori, talvolta con giudizi diametralmente opposti alla fortuna ottenuta dall’autore nel corso della sua vita. Inutile fare scommesse in tal senso, poiché a nessuno è dato di sapere chi, tra mezzo secolo, sarà elevato alle glorie dell’arte e chi, per un motivo o per l’altro, cadrà nell’oblio della storia. In apparenza, dunque, non vi sarebbe alcuna giustificazione nel conferire una simile onorificenza a un outsider consapevole e adamantino come Jürg Frey, se non fosse per l’abnegazione con la quale ha perseguito – e oramai raggiunto – la cristallizzazione di un’estetica riduzionista che mira all’essenza ineffabile della musica, non trovando ragion d’essere altro che in se stessa.

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Jürg Frey – lieues d’ombres

Reinier van Houdt

Elsewhere, 2022
reductionism


(ENGLISH TEXT BELOW)

È una sfida insidiosa ma che mi vedo sempre costretto a cogliere: perché sull’opera di Jürg Frey c’è tutto da dire eppure nulla: in essa alberga il mistero profondo del suono, il suo potere subdolo e nondimeno trasparente, cristallino come le note che il compositore svizzero traccia sullo spartito con la stessa compìta fatalità, non v’è dubbio, del padre spirituale Feldman.
Ma la sfida più ardua grava sempre sull’interprete, incaricato di sottrarre la partitura al destino di un fuoco fatuo, di un esercizio d’assenza le cui rade impressioni echeggino a vuoto, come punteggiature rubate al loro discorso e rimaste sospese, cripticamente, nel languore di un foglio bianco.

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Quentin Tolimieri – Monochromes

elsewhere, 2022
minimalism, experimental

(ENGLISH TEXT BELOW)

Osservare da vicino la pittura minimalista può cambiare per sempre il nostro sguardo. Ci accorgiamo che i riquadri, gli “schermi” di colore non sono, anch’essi, altro che sommatorie di pazienti campiture stratificate nel tempo, che persino nella più radicale continuità cromatica difficilmente riescono a celare la loro genesi additiva.
Perciò non è mai del tutto vero che il dipinto sia unicamente e totalmente presente, poiché in esso è concentrata l’intera, imprescindibile linea temporale del gesto pittorico, che se manca di rivelarsi allo sguardo è soltanto per effetto di distanza o di semplificazione gestaltica.

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Reinier van Houdt – drift nowhere past / the adventure of sleep

elsewhere, 2022
eai, experimental

(ENGLISH TEXT BELOW)

Ogni regola, ogni pratica abituale è venuta improvvisamente meno per tentare di far fronte ai mesi dell’isolamento. Ai piani di lungo termine si è sostituita la strategia di sopravvivenza quotidiana, con qualunque mezzo necessario. Per l’artista di professione – l’ingranaggio “in eccesso” nella macchina sociale –, una crisi profonda a tal punto da rimettere in discussione il proprio ruolo individuale, scavalcato dall’eroismo conclamato del settore sanitario e della classe operaia che nonostante tutto eccetera eccetera.
Nelle rare esternazioni pubbliche di Reinier van Houdt, in quel periodo, ho letto parole disarmate, vuote di speranza in un ritorno alla pur precaria normalità di prima. Ma forse mai come in quel momento, per lui e per tantissimi altri, l’arte è stata il rifugio più immediato e irrinunciabile, il luogo dell’illusione e dell’utopia ove dar sfogo alle proprie angosce.

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