Francisco López – untitled #346

Vernalis, 2020
sound art, field recordings

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La creazione dell’etichetta Vernalis non è che l’ultimo tassello, in ordine temporale, di un percorso stoicamente votato al fare e legittimare l’arte sonora al pari delle altre e più storicizzate discipline. Sotto questo nuovo marchio converge la visione di tre protagonisti italiani: Enrico Coniglio (già responsabile della all-digital Galaverna), Nicola Di Croce e Leandro Pisano, che sin dai primi anni Duemila incarnano lo studio e la pratica di un’ecologia sonora atta a mappare, documentare e “riconfigurare” i più o meno percepibili fenomeni acustici del reale. 
È un rito di buon auspicio, oltre che un gesto di riverenza, inaugurare l’attività di Vernalis con un’opera inedita del collega spagnolo Francisco López, illustre teorico del suono e tra i più visionari manipolatori di field recordings al mondo. Sinora mai apparso su supporto discografico, “untitled #346” (2016) consta di cd e libretto contenuti in una busta isotermica, edizione limitata in collaborazione con Krisis Publishing.

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Linda Catlin Smith – Meadow

Mia Cooper, Joachim Roewer, William Butt

Louth Contemporary Music Society, 2020
contemporary classical

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La crescente affermazione autoriale di Linda Catlin Smith è certamente da attribuirsi, almeno in parte, al legame discografico che dal 2016 intrattiene con l’etichetta inglese Another Timbre, fucina tra le più autorevoli nell’ambito della nuova musica da camera. Ma persino in rapporto a quella che, per convenzione oramai consolidata, viene definita come estetica riduzionista, certi brani della compositrice americana sembrano incarnare il paradigma di un ritorno all’ordine “ragionato”: una direzione espressiva, più specificamente, che non dimentica e anzi cristallizza ulteriormente la lezione della scuola newyorkese (la ripetizione differente di motivi minimi, l’indeterminazione, l’approccio “oggettivante”) sino al punto di riconciliarsi con un’idea di armonia dal nitore secolare e quasi arcaico – in una parola, assoluto.

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morosphinx – vilvoorde

wabi-sabi tapes, 2020
free impro

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Certi musicisti – e specialmente i leoni della vecchia guardia – approcciano una sessione improvvisata come se fino a quel momento si fossero imposti una sorta di mutismo volontario, per poi rigettare in un sol colpo tutta la loro veemenza e obliqua espressività di fronte al pubblico; un integralismo che sembra concepire la performance come una sorta di guerra lampo, perpetuamente e drammaticamente in medias res anche nei suoi momenti più lirici.
All’estremo opposto stanno coloro che, invece, parrebbero intenti a rifondare ogni volta un intero universo dal nulla, muovendo lentamente da un inquieto, “impossibile” silenzio per poi plasmare poco a poco le presenze sonore che popoleranno il loro Creato. Penso anche ai film di Alice Rohrwacher, che per scelta poetica (in parte forse inconscia) cominciano sempre nel buio della notte, come se ogni racconto fosse una nuova, primigenia venuta al mondo.

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Antoine Beuger – Jankélévitch Sextets

Apartment House

Another Timbre, 2020
contemporary classical, reductionism

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Con la sincera umiltà che contraddistingue gli artisti illuminati ma coi piedi per terra, Antoine Beuger parla della sua principale serie di brani da camera senza alcun infingimento: benché titolate in onore a varie figure illustri dell’arte e del pensiero europeo tra Medioevo e Novecento, si tratta infatti di opere scevre non soltanto da qualsiasi concettualismo, ma finanche da una marcata stilizzazione formale che ne comprometta l’accessibilità. Sono semplici partiture concepite per formazioni che variano da due a venti strumentisti e che, originando dalla stessa elementare modalità espressiva, sono volte a sondare il graduale mutamento delle pratiche relazionali e degli esiti armonici all’aumentare degli interpreti coinvolti.

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Éric La Casa – Installations

Swarming, 2020
sound art, field recordings


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Il grado di separazione, il tassello mancante tra la materia grezza e l’opera d’arte è la progettualità, la ricontestualizzazione ragionata degli elementi prescelti secondo intuito o necessità. Classicamente si è trattato di pigmenti o di sostanze come l’argilla e il marmo, a partire dai quali produrre un’interpretazione più o meno fedele del reale, o finanche una sua reinvenzione ex novo. Una sfida meno immediata, e senz’altro più problematica, risiede nel relazionarsi in maniera creativa a forme che si presentano già, in qualche modo, come un simulacro della realtà, un “brano” dell’esperienza sensoriale catturato tramite un medium tecnologico.
Laddove lo scopo non è quello di documentare e archiviare determinate fenomenologie, infatti, si aprono le porte a tutt’altro terreno d’indagine: il campionamento sonoro diviene una forzosa sintesi e sinestesia a partire da cui mettere in discussione l’intero portato percettivo e trasformarlo, per quanto possibile, in espressione autonoma e personale.

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