Don Malfon – MUTABLE

Relative Pitch, 2022
free impro, avantgarde


(ENGLISH TEXT BELOW)

L’arte è forse l’unico ambito della nostra esistenza in cui la consapevolezza dei propri limiti diviene una decisa esortazione a travalicarli. Non vi è infatti alcun rischio reale, a parte un eventuale fallimento – ma tale a giudizio di chi? –, nulla va perduto e tutto ha da conquistarsi. È in tal senso esemplare, ancorché non comune, il caso del sassofonista catalano Don Malfon (Alfonso Muñoz), il quale sembra concepire l’intero suo contributo performativo come una sfida alla materialità dello strumento, un’interrogazione che esige quante più risposte possibile e, come in un laboratorio scientifico, tende a innescare un processo di ipotesi e verifiche sempre nuove.

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Joëlle Léandre & Núria Andorrà – BLA BLA BLA duo

Fundacja Słuchaj, 2022
free impro


(ENGLISH TEXT BELOW)

Chi frequenta abitualmente le frange più radicali della musica spontanea avrà notato, con ogni probabilità, che certe volte non si sa dire perché qualcosa funzioni o meno: l’alchimia tra improvvisatori è difficile a spiegarsi e sembra dipendere da un quid ineffabile, una linea sottile che separa il trionfo dal disastro; nulla di strano, a ben vedere, per un’arte fondata sull’assenza di premeditazione e che consapevolmente elegge il rischio a cifra poetica.
In altri casi, invece, ogni cosa appare da subito chiara, il gesto sonoro è fulmineo ma controllato, la tensione tra i corpi (umani e non) produce un senso di attesa spasmodica, d’un tratto la seduta dell’ascoltatore si fa troppo stretta e scomoda: è in atto una nuova genesi, la coniazione di un lessico musicale senza reali termini di raffronto, e che proprio in forza della sua assoluta estraneità, paradossalmente, diviene subito familiare a tutti.

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Jaka Berger – Cornelius Cardew: Treatise

Friforma, 2022
free impro


(ENGLISH TEXT BELOW)

La libertà in musica è da tutti convenzionalmente associata alla figura di John Cage, lo spartiacque del Novecento che ha aperto la creazione sonora al caso, al silenzio e ai più eterodossi approcci performativi. Ciò che a molti sembra sfuggire è che tale libertà estrema riguarda quasi esclusivamente la scaturigine, ovvero il compositore stesso, mentre agli interpreti coinvolti è richiesta una fedeltà rigorosa ai principi stabiliti da Cage, alla sua peculiare – e pur sempre individuale – visione.
Ci è voluta l’audacia, ma soprattutto la generosità intellettuale, di un autentico outsider come Cornelius Cardew (1936 – 1981) per “canonizzare” l’espediente della partitura grafica, offrendo di fatto lo spunto per un’infinita gamma di scelte espressive, l’input per una lettura autonoma e autoriferita entro cui l’ideatore originario non ha più alcuna voce in capitolo.

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Joanna Mattrey & gabby fluke-mogul – Oracle

Relative Pitch, 2022
free impro


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L’immagine scelta per rappresentare un disco offre sempre una quantità sorprendente di indizi, e in questo caso sembra dire tutto. È il ritratto di chi non ha nulla da nascondere, né confronti da temere – questi ultimi essendo esclusi a priori –, la fiera affermazione di un’arte priva di filtri o fronzoli. Una promessa di sincerità ma anche di sfida, uno sguardo diretto che proclama, con pacata solennità: “il manifesto siamo noi”.
I profili di Joanna Mattrey e gabby fluke-mogul non si affacciano dal nulla, poiché già da alcuni anni la scena sperimentale newyorkese ne ha scoperto e messo a frutto i talenti: eppure Oracle suona infallibilmente come un nuovo inizio, anzi otto nuovi inizi, dato che la musica spontanea non poggia su solide fondamenta ma al contrario conosce soltanto la vertigine del malagevole, galvanizzante ‘qui e ora’.

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