Bruno Duplant / Guy Vandromme – L’infini des possibles

Elsewhere, 2021
contemporary classical

(ENGLISH TEXT BELOW)

Nel divorante caos del mondo contemporaneo si qualifica come compositore colui che è ancora in grado di trovare lo spazio, il tempo e la lucidità per mettersi in ascolto di sé stesso, solo in seguito trasferendo questo sentire – seppure in minima parte – nell’opera musicale. Ma che ne è dell’interprete? In epoca post-classica il rapporto tra le due parti non può più essere unilaterale: si instaura la parità di ruolo dell’autore e dell’esecutore, laddove il primo offre null’altro che un tratteggio, uno scheletro non di come il brano è, ma di come può essere, mentre al secondo spetta l’ancor più oneroso compito di colmare le profonde, intenzionali lacune che attraversano la partitura.

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Bruno Duplant / Reinier van Houdt – Lettres et Replis

Elsewhere, 2019
contemporary classical, experimental

design by Yuko Zama

Occorre tenere sempre d’occhio i margini dell’avanguardia musicale, dove senza clamore continuano a realizzarsi alcune tra le sfide più ardue della produzione contemporanea con devozione pari o superiore ai “grandi classici”, siano essi autori o interpreti. Nell’ambito del pianismo odierno, figure come Reinier van Houdt e R. Andrew Lee si sono distinte per il loro strenuo impegno al fianco dei post-minimalisti e del collettivo Wandelweiser – i “composers of quiet”, nelle parole di Alex Ross.
Il prolifico autore francese Bruno Duplant non fa parte di quest’ultima cerchia, pur avendo collaborato con diverse figure a essa afferenti. Nel corso di un decennio è anzi divenuto un elemento ricorrente della più radicale ricerca improvvisativa, quella frangia sperimentale che intende la creazione musicale come dialogo costante con il silenzio (o l’illusione dello stesso).

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