Kaleigh Wilder – Placemaking

self-released, 2021
free jazz/impro

(ENGLISH TEXT BELOW)

Lo spirito e la saggezza degli antenati non dovrebbero mai essere un appiglio sicuro, un testo sacro al quale attingere con cieco dogmatismo: l’autentica devozione ai giganti del passato può esprimersi appieno soltanto per mezzo di una fertile e consapevole libertà espressiva, in ossequio alla loro incorruttibile tensione innovatrice. La giovane sassofonista Kaleigh Wilder ha certamente una moltitudine di maestri verso cui rivolgere lo sguardo, ma sembra avere già sufficiente sicurezza per trovare in se stessa l’ispirazione centrale del proprio linguaggio improvvisativo. E Placemaking è il suo lucente manifesto.

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Adrián Demoč – Sen

Discreet Editions, 2021
contemporary classical, reductionism

(ENGLISH TEXT BELOW)

Tutto ciò che ci rappresenta l’antichità, ogni singola testimonianza visiva precedente all’età contemporanea è a noi pervenuta come un fermo immagine: una pittura rupestre, un affresco, un codice miniato o un bozzetto – superfici immote nelle quali è racchiuso il sapere che, evolvendosi nei secoli, ci ha condotti sino all’oggi. Ma pur sapendo che la storia del mondo non mai ha avuto alcunché di statico, è proprio così che continuo a figurarmi le innumerevoli discendenze che simbolicamente popolano quei documenti, un’umanità come cristallizzata in un tempo prima del Tempo. In queste stesse rappresentazioni sembra regnare, se non un silenzio compìto e sacrale, un’armonia aurea, imperturbabile, precedente a qualsiasi stilizzazione individuale; una musica ancora attinente alle Muse, rievocata con rigore e sensibilità dall’illuminato compositore slovacco Adrián Demoč.

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Félicia Atkinson & Jefre Cantu-Ledesma – Un hiver en plein été

Shelter Press, 2021
ambient, electroacoustic

(ENGLISH TEXT BELOW)

Un’isola di introspezione e immaginifico torpore al riparo dal caldo agostano: le atmosfere irreali di Un hiver en plein été si sposano decisamente meglio al mese di pubblicazione che a quello dell’effettiva realizzazione in studio, dove nel 2019 il consolidato duo di Félicia Atkinson e Jefre Cantu-Ledesma si è trovato per la prima volta a comporre i propri dialoghi in compresenza, dieci anni dopo l’incontro a San Francisco.
Un connubio artistico, il loro, che sin da principio ha inteso produrre objets mélancoliques (Comme un seul narcisse, 2016), manufatti musicali non identificabili al confine estremo con l’onirico (Limpid as the Solitudes, 2018): un atlante di paesaggi interiori dai contorni appena sfumati, con un basso grado di permeabilità verso placidi ecosistemi naturali, dettagli ravvicinati in cui i pensieri vocalizzati dalla sound artist francese sembrano ricalcare il sussurro degli elementi.

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Johan Lindvall – Two trios

Johan Lindvall, Fredrik Rasten, Derek Shirley

INSUB, 2021
contemporary classical, reductionism

(ENGLISH TEXT BELOW)

Nasceva dalle ceneri della New York School, sul finire del secolo scorso, una musica come rifugio del tempo e nel tempo, sospesa tra oggettivazione tonale e tiepido lirismo armonico. Un’estetica ereditata dai tardi John Cage e Morton Feldman ma ulteriormente raffinata dalle avanguardie radicali d’Europa, afferenti – soprattutto ma non esclusivamente – al collettivo Wandelweiser. Tali propaggini hanno finito per mescolarsi alle varie espressioni di un già evidente e trasversale “ritorno all’ordine”, spingendo il minimalismo di nuova generazione fino alle soglie del riduzionismo.
Anche in un panorama fervido ed eclettico come quello scandinavo hanno cominciato a spuntare i germogli di questa ritrovata essenzialità: se ne fa portavoce, una volta di più, la lodevole etichetta svizzera INSUB. con due inediti trio acustici composti dal pianista d’origine svedese Johan Lindvall, affiancato dalla chitarra di Fredrik Rasten e dal violoncello del canadese Derek Shirley.

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Alter Ego || + Matmos / + Pan Sonic

Die Schachtel, 2021
contemporary classical, experimental electronic

(ENGLISH TEXTS BELOW)

Sarebbe un errore maldestro – se non del tutto ingenuo – rispolverare la sterile retorica dell’incontro fra “alto” e “basso”, sfera colta e popolare: quando, tra il 2004 e il 2005, l’ensemble Alter Ego fece squadra con i duo Matmos e Pan Sonic, questi si erano già rivelati quali compositori di caratura superiore, al punto da divenire, negli stessi anni, capofila dell’avanguardia elettronica. I loro concerti collaborativi non furono quindi un mashup posticcio di sonorità acustiche e artificiali, bensì una fusione a caldo di energie dirompenti e visioni artistiche in totale simbiosi, nel segno del misticismo e della virulenza.

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