Stephan Micus – Thunder

ECM, 2023
avant-folk


(ENGLISH TEXT BELOW)

Se per i progenitori dell’uomo il Sole è stata la prima e più ovvia manifestazione di una divinità suprema, il tuono avrà invece simboleggiato la sua ira, il flagrante potere di ritrattare la propria benevolenza e di scatenare il caos tra i viventi. Fu poi la mitologia greca a introdurre la figura di Pan, nume silvano che per diletto spaventava i viandanti con ululati tali da scuotere le fronde dei boschi – di qui l’aggettivo panico.
Molti altri culti pagani dell’antichità sono rimasti strettamente legati alla natura e ai suoi elementi, nell’oggettivo riconoscimento di una legge universale cui l’umanità, in ultima istanza, non può fare altro che arrendersi. A questa longeva e ineffabile sovranità sembra rifarsi, una volta di più, l’eccentrica ispirazione musicale di Stephan Micus, tra le firme più rappresentative del prestigioso catalogo ECM sin dai tardi anni settanta.

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Park Jiha – The Gleam

Glitterbeat, 2022
drone folk

(ENGLISH TEXT BELOW)

Sono per definizione le immagini a plasmare il nostro immaginario, così come informano, in modo vieppiù pervasivo, la nostra stessa comprensione della realtà circostante. Al cospetto di un artwork come questo, l’ascoltatore odierno potrebbe facilmente associarlo a un prodotto dai caratteri post-umani, a un’estetica sonora che abbia ormai rinnegato qualsiasi ascendenza biomorfa.
Invece, dietro questa sorta di shō in versione steampunk (denominato saenghwang) si annida una visione musicale legata alla tradizione coreana ancor più che alle tendenze contemporanee, e con ciò egualmente priva di compromessi formali. Acuti laceranti e ruvidezze materiche attraversano continuamente i vividi soundscape disegnati dai singolari strumenti che Park Jiha ha adottato nella creazione del suo terzo album, totalmente proiettato in una dimensione di isolazionismo e vibrante trascendenza.

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Senyawa – Alkisah

[40+ independent labels] 2021
avant-folk, experimental

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La nomenclatura più impropria e falsamente ingenua che si sia attribuita a un genere musicale è quasi di certo world: essa non può che basarsi, infatti, su un’arbitraria e tutt’altro che egualitaria demarcazione tra una determinata porzione di territorio – anche in questo caso, purtroppo, l’egemonizzante Occidente – e tutto l’insieme di continenti e regioni situate al di fuori di essa, inteso come ricettacolo di esotismi assortiti cui attingere liberamente per arricchire le proprie composizioni di suggestioni inusitate (almeno per il relativo pubblico di riferimento).
Come a voler sovvertire questa consolidata pratica di decontestualizzazione culturale, il famigerato duo indonesiano Senyawa, capofila dell’underground di Yogyakarta, decide di condividere la pubblicazione del suo ultimo album in studio con oltre quaranta etichette indipendenti da tutto il mondo: un’iniziativa di portata rivoluzionaria che apporta nuova linfa entro un ambito nel quale è ancora possibile e auspicabile fare davvero rete.

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