2019, New Braxton House
choral, avantgarde

(ENGLISH TEXT BELOW)
La cinquantennale epopea artistica di Anthony Braxton è indubbiamente una grande storia di libertà, ma anche di estremo rigore e infaticabile ricerca, attitudini che lo hanno portato ben al di là delle pionieristiche avventure che ancora oggi incarnano la definizione stessa di avant-jazz. Partendo dagli sconvolgenti tour de force per sassofono solo, nel tempo il luminare americano ha evoluto i suoi molteplici sistemi compositivi nelle forme più disparate, arrivando a sconfinare nel dominio della classica contemporanea, dai quartetti d’archi alle orchestre multiple d’eredità stockhauseniana.
Tra i parti più complessi e strutturati della sua vulcanica inventiva spicca senz’altro la macro-serie denominata “Ghost Trance Music” (GTM), che lo stesso Braxton ha definito in un’intervista come “una musica trans-temporale che connette passato, presente e futuro in un’unica componente di pensiero” [1]. Più concretamente la dicitura identifica una serie di oltre centocinquanta brani basati su modelli generativi olistici, in rapporto ai quali l’interprete utilizza lo spartito come un carta di navigazione, una mappa le cui indicazioni permettono di spaziare a piacimento – e in modi sempre diversi – nell’intera produzione dell’autore. Un’esaustiva e dettagliata analisi ci è fornita dalla violinista Erica Dicker [2], utile anche come vademecum per chi ne approcciasse l’esecuzione per la prima volta. Eccone alcuni estratti:
La Melodia Primaria
La Melodia Primaria è la caratteristica più distintiva di tutte le composizioni di Ghost Trance ed è costituita da una sola linea musicale, ininterrotta da eventuali pause. A seconda del pezzo, queste linee variano in lunghezza da due a 80 o più pagine, evocando i passi di una danza rituale. Le Melodie Primarie sono progettate per essere lette all’unisono da un numero qualsiasi di musicisti che suonano qualunque strumento siano in grado o scelgano di suonare.
Materiale secondario — Triangolo (Logiche di Sintesi o di Corrispondenza)
Il triangolo è un invito a passare a un’altra composizione o “identità stabile”. Ciò implica che un foglio con pezzi da una pagina chiamato Materiale secondario sia accluso in fondo a ogni partitura GTM.
Materiale terziario — Quadrato (Logiche Stabili)
Il quadrato è un percorso verso materiali terziari o “esterni” preselezionati. Prima dell’esibizione, questi brani vengono scelti dall’artista o dagli artisti e possono essere estratti letteralmente da qualsiasi cosa nell’opera di Braxton […] — partiture che combinano cartografia, notazione grafica evocativa e simboli di “musica-linguaggio”; Materiale secondario da differenti pezzi di GTM; una qualunque delle sue prime opere; o anche un’altra Melodia primaria può servire da Materiale terziario.
Language Music e improvvisazione — Cerchio (Logiche Mutevoli)
Un cerchio è l’invito a impegnarsi in un’improvvisazione aperta o in un’improvvisazione di “musica-linguaggio”. Un’improvvisazione aperta è proprio questo. Un’improvvisazione di “musica-linguaggio” si basa su 12 tipi di linguaggio sovrastanti. Undici interpreti all’interno di un grande ensemble, come nella formazione di Braxton a 12+1, potrebbero condurre l’un l’altro attraverso queste improvvisazioni usando gesti, indicando il numero di ciascuno tipo di linguaggio con le dita, così da generare un paesaggio sonoro incredibilmente vario.
Questa è soltanto una selezione minima delle indicazioni riguardanti la lettura delle partiture, che comprendono anche numerose specifiche in merito a chiavi di pentagramma, pause, altezze, tempi, “accidentali aperti” (diesis o bemolli a piacere) e le più disparate notazioni grafiche, incluse tracce colorate che si mescolano o sovrappongono al pentagramma.
Ciò dovrebbe essere sufficiente a suggerire l’estrema difficoltà d’approccio, l’infinità di variabili in campo e la aleatorietà di ogni performance – quali e quanti che siano i musicisti in essa coinvolti –. Più che in altri casi, il sistema GTM ribadisce “l’enfasi [di Braxton] sull’interpretazione rispetto all’esecuzione”, qui espressa in “una configurazione progettata per consentire agli artisti di fidarsi del loro intuito”. [Dicker, op. cit]
All’interno di tale sistema multistrato di straordinario ingegno – figlio di un postmodernismo oramai galoppante – troviamo la branca denominata Syntactical Ghost Trance Music (SGTM), che lo stesso Braxton ha chiamato “la Stele di Rosetta dei miei sistemi musicali” e definito come “una rete strutturale dagli infiniti percorsi e/o direzioni” [3]. In relazione alla categoria-madre GTM, il ciclo corale Syntax “[dà] un’idea dell’espansione del sistema, muovendo dai suoni ai segnali al rituale. Implica che le persone si uniscano improvvisamente in comunità. L’arte della relazione. Come rapportarsi l’uno con l’altro”. [4]

[Erica Dicker, Ghost Trance Music, ‘Sound American’ Issue # 16]
A questo punto si rende necessario menzionare un elemento cardine nella storia recente del compositore americano: da almeno un decennio la sua eredità musicale è affidata ai membri della Tri-Centric Foundation, ente no-profit che attraverso la valorizzazione del vasto catalogo braxtoniano intende vivificare con costanza le arti performative contemporanee, le cui sfide oggi vanno ben al di là dell’interpretazione e dell’improvvisazione in senso tradizionale.
A oggi ne è la dimostrazione più evidente il mastodontico boxset a opera del Tri-Centric Vocal Ensemble: GTM (Syntax) 2017 raccoglie l’integrale della sopracitata serie di brani corali, registrata in soli sei giorni, nel gennaio del 2017, presso lo Scholes Street Studio di Brooklyn, New York.
I dodici CD sono editi dalla collaterale etichetta New Braxton House, dove erano già comparsi alcuni capitoli dell’universo Ghost Trance Music, eseguiti con formazioni jazz in quintetto (GTM (Knitting Factory) 1997) e sestetto + 1 (GTM (Iridium) 2007), oppure con tre orchestre (Three Orchestras (GTM) 1998) nonché, in anticipo sul presente boxset, con un coro di tredici elementi (Syntactical GTM Choir (NYC) 2011, contenente la sola “Composition No. 256”).
Dodici voci per dodici brani-fiume di quasi un’ora ciascuno ai quali non è possibile attribuire una forma fissa e immutabile, e che pertanto anche in questa sede sono il risultato transitorio e irriproducibile di un processo creativo virtualmente senza fine. La Syntactical Ghost Trance Music è una polifonia del delirio dall’impostazione fortemente teatrale, dove l’umanità dell’estremo sforzo vocale si immola alla causa di un concettualismo oltranzista.
Fermandoci all’immediata esteriorità dell’opera, l’impressione dominante è quella di un incubo congiurato a Flatlandia: una selva di significanti disconnessi dai significati che otterrebbero solamente attraverso una corretta giustapposizione; il riferimento titolare alla sintassi va difatti inteso in un’accezione totalmente deviante, in quanto nella scrittura e nell’interpretazione prevalgono soprattutto elementi fonetici puri, unità vocali trascinate in una danza dalle segnature di tempo e dalle interrelazioni sempre differenti e imprevedibili.
È un flusso asemantico di stimoli dal quale, tuttavia, emergono anche parole intere – colori, numeri, congiunzioni, preposizioni, brevi frasi più o meno decontestualizzate –: un illustre precedente, in questo senso, sarebbe il miliare “Einstein On The Beach” di Philip Glass e Robert Wilson, che ricreava efficacemente un mondo parallelo di note solfeggiati e numeri enunciati entro una griglia di cellule armoniche oscillanti, dando forma a un ritratto inedito e anti-didascalico del genio della fisica tedesco.
Ogni brano della SGTM prende avvio da un relativo unisono dei coristi, ma nel giro di appena un minuto questo va disperdendosi nelle innumerevoli ramificazioni dell’immaginaria “autostrada” che tiene insieme l’eclettica e sterminata produzione di Braxton. E un così turbinoso ricettacolo di partiture non potrebbe certo assestarsi su un unico registro: con preponderanze variabili le dodici composizioni mescolano continuamente un possente lirismo d’opera, tecniche di sprechgesang, sussurri e versi onomatopeici (schiocchi di lingua, soffi, brontolii); in certe divagazioni individuali, come nelle composizioni No. 192 e No. 220, si riconoscono le aritmie e le vertiginose tonalità del sassofono braxtoniano, espresse in trasposizioni vocali che dimostrano un’incredibile capacità di adattamento al contesto.

Le deviazioni imboccate dai performer creano spontaneamente l’occasione per momenti solistici che si pongono brevemente in risalto rispetto al magmatico interplay collettivo. Alcune composizioni in particolare sono attraversate da monologhi e scambi di battute alquanto enfatici, benché sempre disturbati da solfeggi vocalici e declamazioni alfanumeriche: in “Composition No. 219” si protrae la concitata scena di un processo per omicidio, mentre nella No. 254 si infiltrano stralci beckettiani di contraddittorio ermetismo, arrivando con la No. 256 a incitazioni e sberleffi rivolti al pubblico come in un gioco di gruppo infantile.
Con gli ultimi quattro pezzi del ciclo, dal No. 265 al 351, tutti i caratteri summenzionati sembrano impennarsi in direzione di una delivery ancor più folle e sperimentale, nell’alterna pronuncia di rapidissime scale ascendenti e discendenti, urla e rumorismi sgraziati, in una miriade incontrollata di siparietti scientemente non-musicali.
L’impressionante esecuzione del Tri-Centric Vocal Ensemble vanta un coinvolgimento e una precisione talmente maniacale da dissimulare la componente aleatoria degli intrecci ritmici, tonali e para-narrativi. Ma un simile exploit non nasce solamente da un pur necessario virtuosismo tecnico: se in futuro questa integrale della Syntactical Ghost Trance Music rimarrà ineguagliata, infatti, sarà specialmente a motivo del meticoloso studio e della vicinanza di spirito che gli interpreti intrattengono con l’opera tutta di Anthony Braxton, il quale a 75 anni non soltanto si mantiene ancora in piena attività, ma la sua ricerca rimane assolutamente rilevante anche nell’attuale panorama dell’avanguardia ad ampio raggio.
I membri del Tri-Centric Vocal Ensemble sono: Roland Burks, Tomas Cruz, Lucy Dhegrae, Chris Dimeglio, Kristin Fung, Nick Hallett, Michael Douglas Jones, Kyoko Kitamura, Adam Matlock, Anne Rhodes, Kamala Sankaram, Elizabeth Saunders.
Note:
[1] Josef Woodard, Anthony Braxton: Music as spiritual commitment, DownBeat LXXIX/3, March 2010
[2] Erica Dicker, Ghost Trance Music, ‘Sound American’ Issue # 16
[3] GTM (Syntax) 2017 | Bandcamp
[4] Seth Colter Walls, Anthony Braxton Composes Together Past, Present and Future, The New York Times, Jan. 11th 2019
Anthony Braxton‘s fifty-year artistic epic is undoubtedly a great story of freedom, but also of extreme rigor and tireless research, attitudes that have led him far beyond the pioneering adventures that still today embody the very definition of avant-jazz. Starting from his early, upsetting tour de force for solo saxophone, over time the American luminary has evolved its multiple compositional systems in the most disparate forms, getting as far as trespassing into the domain of contemporary classical music, from string quartets to multiple orchestras of Stockhausen heritage.
Among the most complex and structured brainchildren of his volcanic inventiveness stands out the macro-series called “Ghost Trance Music” (GTM), which Braxton himself defined in an interview as “a trans-temporal music state that connects past, present, and future as one thought component” [1]. More concretely, the wording identifies a series of over one hundred and fifty pieces based on holistic generative models, in relation to which the interpreter uses the score as a navigational chart, a map whose indications allow to space at will – and in always different ways – through the author’s entire production. An exhaustive and detailed analysis is provided by violinist Erica Dicker, also useful as a vademecum for those who approach its execution for the first time. Here’s some extracts:
The Primary Melody
The Primary Melody is the most distinguishing feature of all Ghost Trance compositions and consists of a single line of music, uninterrupted by any rests. Depending on the piece, these lines range in length from two to 80-or-more pages, evoking the footfalls of a ritual dance. Primary Melodies are designed to be read in unison by any number of musicians playing whatever instruments they can or choose to.
Secondary Material — Triangle (Synthesis or Correspondence Logics)
The triangle is an invitation to move to another notated composition or “stable identity.” This implies a folio of one-page pieces called Secondary Material included at the end of each GTM score.
Tertiary Material — Square (Stable Logics)
The square is a pathway to pre-selected tertiary or “outside” materials. Prior to performance, these pieces are selected by the performer or performers and can be drawn from literally anything in Braxton’s oeuvre […] — scores combining cartography, evocative graphic notation, and Language Music symbols; Secondary Material from different pieces of GTM; any of his early opuses; or even another Primary Melody can serve as Tertiary Material.
Language Music and Improvisation — Circle (Mutable Logics)
A circle is an invitation to engage in an open improvisation or a language music improvisation. An open improvisation is just that. A language music improvisation is based on 12 overarching language types. 11 Players in the context of a large ensemble, like Braxton’s 12+1-tet, might conduct each other through these improvisations using gestures, indicating the number of each language type numbers with their fingers, generating a tremendously varied soundscape.
This is just a minimum selection of the indications regarding the reading of the scores, which also include numerous specifications regarding staff keys, pauses, heights, tempos, “open accidentals” (sharp or flat at will) and the most disparate graphic notations, including colored traces that mix into or overlap the pentagram.
This should be sufficient proof of the extreme difficulty of approach, the infinity of variables at play and the aleatory nature of each performance – no matter which and how many the musicians involved in it –. More than in other cases, the GTM system reaffirms “[Braxton’s] emphasis on interpretation over execution”, expressed here in “a feature designed to empower performers to trust their intuition”. [Dicker, op. cit]
Within this multi-layered system of extraordinary ingenuity – the proliferation of a now galloping postmodernism – we find the branch of the “Syntactical Ghost Trance Music”, which Braxton himself called “the Rosetta Stone of my music systems” and defined as “a structural networks of infinite paths and/or directions” [3]. In relation to the mother category GTM, the Syntax choral cycle “give[s] insight into the expansion of the system, moving from sonics into signals into ritual,” Mr. Braxton said. “It involves people suddenly coming together in communities. The art of the relationship. How to deal with each other.” [4]

At this point it is necessary to mention a pivotal element in the recent history of the American composer: for at least a decade his musical legacy has been entrusted to the members of the Tri-Centric Foundation, a non-profit organisation which, through the enhancement of Braxton’s vast catalogue, intends to constantly vivify the contemporary performing arts, whose challenges today go far beyond interpretation and improvisation in the traditional sense.
To this day, the most evident demonstration of this is the mammoth boxset recorded by the Tri-Centric Vocal Ensemble: GTM (Syntax) 2017 collects the full set of the aforementioned series of choral pieces, recorded in January 2017 in just six days, at the Scholes Street Studio in Brooklyn, New York.
The twelve CDs are published by the collateral label New Braxton House, where some chapters of the Ghost Trance Music universe had already appeared, performed with jazz lineups in quintet (GTM (Knitting Factory) 1997) sextet + 1 (GTM (Iridium) 2007), or else with three orchestras (Three Orchestras (GTM) 1998) and moreover, in advance on this boxset, with a choir of thirteen elements (Syntactical GTM Choir (NYC) 2011, containing only “Composition No. 256”).
Twelve voices for twelve fluvial, nearly hour-long tracks to which it’s not possible to attribute a fixed and immutable form, and which therefore also here are the transitory and irreproducible result of a virtually endless creative process. Syntactical Ghost Trance Music is a polyphony of delirium with a strongly theatrical setting, where the humanity of the extreme vocal effort immolates itself to the cause of a hard-line conceptualism.
Limiting oneself to the immediate exteriority of the work, the dominant impression is that of a nightmare conjured in Flatland: a maze of signifiers disconnected from the meanings that they would obtain only through a correct juxtaposition; in fact, the reference to syntax must be understood in a totally deviant sense, since it’s pure phonetic elements that predominate both in writing and interpretation, vocal units dragged into a dance with ever-changing, unpredictable time marks and interrelations.
It’s an asemantic flow of stimuli from which, however, complete words also emerge – colors, numbers, conjunctions, prepositions, more or less decontextualized short sentences -: an illustrious precedent, in this respect, would be the milestone “Einstein On The Beach” by Philip Glass and Robert Wilson, who effectively recreated a parallel world of solmizated notes and numbers enunciated within a grid of oscillating harmonic cells, giving shape to an unprecedented, anti-didactic portrait of the German genius of physics.
Each piece of SGTM starts from a relative unison of the choristers, but within just a minute it is dispersed in the innumerable ramifications of the imaginary “highway” holding together Braxton’s immense and eclectic production. Such a swirling receptacle of scores certainly could not settle on a single register: with varying preponderances the twelve compositions continually mix a mighty opera lyricism, sprechgesang techniques, whispers and onomatopoeic verses (tongue snaps, murmurs, mutterings); during some individual digressions, as in compositions No. 192 and No. 220, the arrhythmias and dizzying tones of Braxton’s saxophone can be recognized, expressed in vocal transpositions showing an incredible ability of adaptation to the context.
The deviations taken by the performers spontaneously create the opportunity for solo moments that briefly stand out from the magmatic collective interplay. Some compositions in particular are crossed by monologues and exchanges of rather emphatic lines, although always disturbed by vowel solfeggios and alphanumeric declamations: in “Composition No. 219” the agitated scene of a trial for murder protracts, while in No. 254 Beckettian excerpts of contradictory hermeticism infiltrate, getting with No. 256 to incitements and mockery addressed to the public as in a child’s group game.
With the last four pieces of the cycle, from No. 265 to 351, all the aforementioned features seem to rise in the direction of an even more insane and experimental delivery, in the alternate pronunciation of very rapid ascending and descending scales, shouts and gawky noises, in a uncontrolled myriad of knowingly non-musical entr’actes.
The impressive performance of the Tri-Centric Vocal Ensemble boasts such an obsessive involvement and precision as to conceal the random component of rhythmic, tonal and para-narrative intertwinings. But such an exploit doesn’t just arise from a technical virtuosity, albeit necessary: in fact, if this integral of the Syntactical Ghost Trance Music will remain unmatched in the future, it will be especially because of the meticulous study and closeness of spirit that the performers entertain with the whole oeuvre of Anthony Braxton, who at 75 not only remains in full swing, but his research remains absolutely relevant also in the current avant-garde panorama at large.
The members of the Tri-Centric Vocal Ensemble are: Roland Burks, Tomas Cruz, Lucy Dhegrae, Chris Dimeglio, Kristin Fung, Nick Hallett, Michael Douglas Jones, Kyoko Kitamura, Adam Matlock, Anne Rhodes, Kamala Sankaram, Elizabeth Saunders.
Footnotes:
[1] Josef Woodard, Anthony Braxton: Music as spiritual commitment, DownBeat LXXIX/3, March 2010
[2] Erica Dicker, Ghost Trance Music, ‘Sound American’ Issue # 16
[3] GTM (Syntax) 2017 | Bandcamp
[4] Seth Colter Walls, Anthony Braxton Composes Together Past, Present and Future, The New York Times, Jan. 11th 2019