Manuel Mota & David Grubbs – Na margem sul

Room40, 2022
ambient, free impro


(ENGLISH TEXT BELOW)

Il tempo di un romanzo breve o di un lungo poema. Lo spazio di uno sguardo che, perduto in un’assorta contemplazione, abbraccia il placido ed enigmatico lucore notturno. Quasi senza un iniziale moto di assestamento, di “accordatura” tra le chitarre elettriche in clean, David Grubbs (USA) e Manuel Mota (Portogallo) tracciano con gesti precisi e misurati il margine della loro pagina, la riva lungo la quale andrà mollemente frangendosi la risacca di questo dialogo tra voci speculari, sebbene improntate a sussurri e fremiti anziché a chiare enunciazioni.


Già insieme nel più articolato Lacrau (Blue Chopsticks, 2018), i due rodati sperimentatori hanno coltivato il loro obliquo linguaggio improvvisativo in lunghi anni di collaborazioni internazionali, tra le file di quegli stoici outsider che hanno eletto il ‘qui e ora’ del fenomeno sonoro a unico elemento-guida, con ciò rinunciando a ogni ulteriore intenzione espressiva. Una scelta di campo che, tuttavia, non preclude l’eventuale insorgenza di un pathos distintamente percepibile, il quale anzi giunge a manifestarsi nella sua forma più pura e spontanea. 
In tal modo si dipana questo delicato gioco di specchi le cui sfumature dipendono unicamente da effetti di riverbero e pedali del volume: l’attenta modulazione operata sul suono amplificato finisce addirittura col superare in importanza la scelta degli accordi arpeggiati e delle singole note, punteggiature evanescenti cui soltanto il pizzicato, come per proprietà transitiva, è in grado di conferire una qualità propriamente palpabile.

Soffusa, eppure pervasa nella sua interezza da un’inquietudine irreprimibile, la sessione live del duo Mota/Grubbs – tenuta nel luglio 2021 all’Auditório da Biblioteca Municipal di Barreiro – raccoglie l’eredità del post-rock anni 90 più crepuscolare riversandola in un quadro di inebriante minimalismo ambient: una poesia sonora il cui delicato equilibrio qualunque parola pronunciata rischierebbe di compromettere, mentre a echeggiare lungo questa parentesi, per sommo paradosso, è soltanto la voce del silenzio.

Manuel Mota / David Grubbs


The time of a short novel or a long poem. The space of a gaze that, lost in absorbed contemplation, embraces the placid and enigmatic nocturnal glow. With almost no initial moves of adjustment, of “attuning” between the electric guitars in clean mode, David Grubbs (USA) and Manuel Mota (Portugal) trace with precise, measured gestures the margin of their page, the shore along which will gently break the surf of this dialogue between specular voices, although marked by whispers and tremors rather than clear enunciations.

Already together on the more articulate Lacrau (Blue Chopsticks, 2018), the two seasoned experimenters have cultivated their oblique improvisational language over long years of international collaborations, in the ranks of those stoic outsiders who have elected the ‘here and now’ of the sonic phenomenon as their sole guiding element, in this way renouncing any further expressive intention. A stand that, however, does not preclude the potential emergence of a distinctly perceptible pathos, which indeed comes to manifest itself in its purest, unsolicited form.
Thus unfolds this delicate play of mirrors whose nuances depend solely on reverb effects and volume pedals: the careful modulation of the amplified sound surpasses in importance even the choice of arpeggiated chords and individual notes, evanescent punctuation to which only the pizzicato, as if by transitive property, is capable of conferring a properly palpable quality.

Suffused, yet pervaded in its entirety by an irrepressible disquiet, the live session by the Mota/Grubbs duo – held in July 2021 at the Auditório da Biblioteca Municipal in Barreiro – collects the legacy of the most crepuscular post-rock of the 90s, pouring it into a tableau of inebriating ambient minimalism: a sound poetry whose delicate balance any spoken word would risk compromising, while echoing along this parenthesis, paradoxically, is only the voice of silence.

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