Rune Grammofon, 2020
avantgarde, free impro-jazz

(ENGLISH TEXT BELOW)
La storia ufficiale sembra non aver dato troppo peso a un passaggio, se non cruciale, quantomeno emblematico nella musica del secondo Dopoguerra: con la prima esecuzione di “Actions” di Krzysztof Penderecki – partitura ‘per orchestra free jazz’, altrettanto significativamente presentata al festival di musica contemporanea di Donaueschingen nel 1971 – si realizzava un’epocale contaminazione tra l’ambito “colto” e quello del jazz; due mondi sino ad allora mantenuti orgogliosamente distinti e distanti da ambo le parti, e che qui per la prima volta si conciliavano senza compromessi di sorta in merito alla formazione e alle sue peculiari qualità espressive.
Con la complicità dell’illuminato Don Cherry e della sua New Eternal Rhythm Orchestra, il compositore d’avanguardia polacco si assumeva questa sfida in nome dell’indole improvvisativa che ‘scorre nel sangue’ dei musicisti jazz, tratto che almeno allora non si poteva invece riscontrare negli strumentisti di formazione accademica. Se oggi tendiamo a dare per scontata (e quasi necessaria) la contaminazione tra tutti gli ambiti musicali, ai tempi una tale impresa portava con sé il brivido e l’entusiasmo di un atto sovversivo senza precedenti.