Invisibilia Editions, 2021
experimental, electroacoustic

(ENGLISH TEXT BELOW)
Se la cosiddetta musica d’ambiente (o d’atmosfera) e la colonna sonora si possono considerare in qualche modo imparentate, lo stesso non si può dire per quell’ambito di ricerca sonora – più che sotterraneo, quasi esoterico – che negli ultimi anni del secolo scorso, in Francia, hanno assunto arbitrariamente il nome di cinéma pour l’oreille, complice l’omonima serie discografica curata da Jérôme Noetinger per l’etichetta Metamkine. Con un alto grado d’astrazione e una libertà drammaturgica senza compromessi, tale corrente ha voluto trascendere la musica per film affinché fosse la musica stessa a divenire il film, la sala buia ove la percezione uditiva si pone come l’esclusivo referente di un rinnovato orizzonte immaginifico, emancipato dai più rigidi e oggettivanti schemi dell’interpretazione visiva.
Diversamente dai suoi comprimari, dediti a una pratica compositiva puramente elettroacustica e acusmatica, Michèle Bokanowski ha sempre trovato ispirazione proprio nella settima arte, e specificamente nei cortometraggi sperimentali realizzati dal marito, Patrick Bokanowski: ciò nonostante, anche la sua poetica è quanto di più distante da un pedissequo accompagnamento o commento emozionale alle sequenze proiettate su schermo, tanto che il solo ascolto si rivela un’istanza narrativa del tutto autonoma e divergente, foriera di molteplici suggestioni dai contorni sfumati, in costante percolazione dal dominio del reale.
A pochi mesi dalla ristampa in vinile per la serie ‘Recollection GRM’ (Rhapsodia / Battements Solaires, Editions Mego, 2021), l’italiana Invisibilia Editions, sub-label di Canti Magnetici, dà virtuosamente alle stampe un doppio CD antologico che raccoglie l’intera produzione per il cinema della visionaria sound artist, con dieci brani datati tra gli anni settanta e il presente: una “filmografia sonora” stratificata, polisemica eppure scevra da concettualismi, guidata unicamente dal gusto per invenzioni musicali oblique, stranianti, inclassificabili.
Rimane a oggi intatta l’oscura potenza suggestiva dell’esordio “La femme qui se poudre” (1972), collage sapientemente equilibrato di clangori, risonanze bronzee, schegge strumentali e sorgenti concrete che transitano senza sosta per ogni stato della materia, dal solido al gassoso. Due anni più tardi, il “Déjeuner du matin” (1974) si sarebbe spinto in territori ancor più inquieti e imponderabili, solcando le sponde dell’incubo e dell’inconscio in anticipo sul David Lynch delle proiezioni a tarda notte.
Un lungo intervallo separa queste precoci manifestazioni creative dal ritorno negli anni Novanta con “La plage” (1991), che tra ritmi esotici e sintetizzatori di memoria new age segna la svolta dei nastri in loop, espediente che ritornerà in varie occasioni sino alle produzioni più recenti, spesso adottando registri diametralmente opposti: basti raffrontare l’utilizzo di archi in pizzicato e sinistre stoccate percussive in episodi come “Au bord du lac” (1993) e “Flammes” (1998) con i densi soundscape tonali de “L’envol” (2016) e “L’indomptable” (2017), attraversati da tessiture e refrain circolari che di lì a poco avrebbero trovato una più organica risoluzione nella cosmica “Rhapsodia” (2018).
Evento isolato rispetto all’evoluzione espressiva di Bokanowski, il détour apertamente sardonico de “Le canard à l’orange” (2002) risulta se possibile ancor più disturbante nel candore naif della sua sfrenata danza per orchestra e nacchere, come un chien andalou recitato da grottesche marionette.
L’ascolto immersivo di ciascuna opera si traduce così nel riproporsi di un enigma irrisolto, l’estrinsecazione di un linguaggio che attinge alle fonti più disparate per veicolare il proprio ermetico messaggio, e perciò stesso non riducibile alla somma dei suoi componenti interni. Da questa preziosa raccolta emerge finalmente un profilo esaustivo di Michèle Bokanowski quale artista indipendente e singolare, regista dell’irrappresentabile che ha eletto la materia sonora a esclusiva protagonista delle proprie eccentriche visioni.

If so-called ambient (or atmospheric) music and the soundtrack can be considered somewhat related, the same cannot be said for that field of sound research – more than underground, almost esoteric – which in the last years of the 20th century, in France, arbitrarily assumed the name of cinéma pour l’oreille, also due to the homonymous record series curated by Jérôme Noetinger for the Metamkine imprint. With a high degree of abstraction and an uncompromising dramaturgical freedom, this current intended to transcend film music so that music itself may become the film, the dark hall where auditory perception stands as the exclusive referent of a renewed imaginative horizon, emancipated from the more rigid and objectifying schemes of visual interpretation.
Unlike her peers, devoted to a purely electroacoustic and acousmatic compositional practice, Michèle Bokanowski has always found her inspiration precisely in the seventh art, and specifically in the experimental short films crafted by her husband, Patrick Bokanowski: nevertheless her poetics, too, is as far as can be from a slavish accompaniment or emotional commentary to the sequences projected on screen, so much so that listening alone turns out to be a completely autonomous and divergent narrative instance, harbinger of multiple suggestions whose outlines are blurred, in constant percolation from the domain of reality.
Only a few months after the vinyl reissue for the ‘Recollection GRM’ series (Rhapsodia / Battements Solaires, Editions Mego, 2021), Italy’s Invisibilia Editions, sub-label of Canti Magnetici, virtuously releases an anthological double CD collecting the visionary sound artist’s entire production for the cinema, with ten tracks dating from between the seventies and the present day: a “sound filmography” stratified, polysemic yet free from conceptualism, guided solely by a taste for oblique, alienating, unclassifiable musical inventions.
The obscure suggestive power of the debut piece “La femme qui se poudre” (1972) remains intact to this day: a skilfully balanced collage of clangours, bronze resonances, instrumental shards and concrete sources going through each state of matter, from solid to gas. Two years later, the “Déjeuner du matin” (1974) would delve into even more restless and imponderable territories, reaching the shores of nightmare and the unconscious in advance of the late-night-screenings David Lynch.
A long interval separates these early creative manifestations from her return in the nineties with “La plage” (1991), which between exotic rhythms and New Age-esque synthesizers marks the turning point of tape loops, a device that will return on various occasions until the more arecent outcomes, often adopting diametrically opposite registers: suffice it to compare the use of pizzicato strings and sinister percussive stabs in episodes such as “Au bord du lac” (1993) and “Flammes” (1998) with the dense tonal soundscapes of “L’envol” (2016) and “L’indomptable” (2017), crossed by circular textures and refrains that would soon find a more organic resolution in the cosmic “Rhapsodia” (2018).
An isolated event with respect to Bokanowski’s expressive evolution, the openly sardonic detour of “Le canard à l’orange” (2002) is possibly even more disturbing in the naive candor of its unbridled dance for orchestra and castanets, like a chien andalou recited by grotesque puppets.
An immersive listening of each work thus translates into the recurrence of an unsolved enigma, the externalization of a language that draws on the most disparate sources to convey its hermetic message, and which therefore cannot be reduced to the sum of its internal parts. From this precious collection finally emerges an exhaustive profile of Michèle Bokanowski as an independent and singular artist, director of the unrepresentable who has elected sound matter as the exclusive protagonist of her own eccentric visions.